Le naturali polemiche seguite alle consultazioni e alle discussioni sul disegno di legge, l’incertezza del Governo anche sul tipo di provvedimento da adottare, si giustificano con il fatto che tale riforma va a toccare dei temi che sono divenuti nel tempo dei veri e propri tabù, come quello sempre vivo del precariato, spesso a vita, che in prima persona vivono molti degli insegnanti delle istituzioni scolastiche italiane. Ancora: il ruolo di leader dell’apprendimento attribuito al dirigente scolastico, con tutti i poteri che ne conseguono, tra cui la “chiamata” discrezionale dei docenti con colloquio e valutazione del curriculum, lo rende managerdell’istituzione scolastica. Il problema sembra risiedere nelle modalità di applicazione concreta delle norme, nell’adeguamento dei piani di studio e della didattica, nelle possibili distorsioni pratiche, dunque, nei risvolti e nelle pieghe della tanto auspicata sempre crescente autonomia scolastica cui sembra delegarsi buona parte delle decisioni mancate. Quella prospettata dal legislatore, ammesso che non lo sia già quella esistente, è, ad ogni modo, una Buona scuola. Adesso non resta altro che attendere la sua completa attuazione per verificare che sia anche la migliore scuola possibile, la scuola ideale dalla quale la comunità intera possa ricevere il beneficio di una «nuova scuola», fondata su valori e principi finalmente condivisi.